La leggenda del Piave

Elaborazione di Vincenzo Carniel

Canto d'Autore del 1918
Musica e Parole di E. A. Mario



Testo

Il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron
quella notte i fanti,
tacere bisognava andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò:
Non passa lo straniero!

Descrizione

Nel 1918, nella notte del 23 giugno, poco dopo il termine della battaglia del solstizio, in seguito alla resistenza e alla vittoria italiana sul Piave, scrisse di getto i versi e la musica de La canzone del Piave, che gli procurò subito una grande notorietà. La canzone servì a risollevare il morale dei soldati, e lo stesso comandante in capo Gen. Armando Diaz gli telegrafò per fargli sapere che la sua canzone era servita a dare coraggio ai nostri soldati e ad aiutare lo sforzo bellico "più di un generale". La canzone fu considerata una sorta di inno nazionale, poiché esprimeva la rabbia e l'amarezza per la disfatta di Caporetto e l'orgoglio per la riscossa sul fronte veneto. In particolare, nel periodo costituzionale transitorio durante la fase conclusiva della seconda guerra mondiale, la canzone fu adottata provvisoriamente come inno nazionale italiano. In seguito, ad Alcide De Gasperi, che l'aveva convocato a Roma, per chiedergli di scrivere l'inno ufficiale per la Democrazia Cristiana, facendogli intendere che avrebbe, con grande piacere, appoggiato la candidatura della sua canzone nella scelta dell'inno definitivo, E. A. Mario rispose che non se la sentiva di scrivere qualcosa su commissione, perché componeva solo per ispirazione. Lo statista trentino si offese, e sostenne invece l'Inno di Mameli. Egli volle rendere un tributo alla amata Patria: di tutte le medaglie che aveva ricevuto dai comuni interessati, le prime cento le donò "alla Patria", assieme alle fedi nuziali sua e di sua moglie, nel novembre del 1941. Le altre che gli restarono furono poi rubate dopo la sua morte, nel maggio 1974 nella casa di una delle figlie, esclusa la Commenda in oro che gli aveva consegnato il re Vittorio Emanuele ed i gemelli in oro donati dall'ex re Umberto II in occasione del suo settantesimo compleanno. Questi cimeli sono attualmente conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Lucchesi Palli, nella sala a lui intitolata e dedicata.