Provenienza: Piemonte
Testo
Donna lombarda
amami me, che io sono re.
Non posso amarti,
Sacra Corona, io tengo 'l marì.
Quel tuo marito fallo morire,
t'insegnerò: prendi la testa del serpentin
e pestala ben dentro 'l vin.
Donna lombarda cos'ha quel vino
che l'è 'ntorbolì.
O padre, padre non bever vino
che c'è 'l velen.
E per l'onore di questa spada,
donna lombarda, lo beverai.
Sol per amore del re di Francia
lo beverò, poi morirò.
Descrizione
Importantissimo canto della tradizione popolare italiana che taluni studiosi (Nigra, Correnti) fanno risalire al VI secolo: vi sarebbe narrata nientemeno che la storia di Rosmunda, regina dei Longobardi. Tale ipotesi si fonda su un testo di Paolo Diacono (Warnefrido in longobardo) che, verso la fine del secolo VIII riferì della morte di Rosmunda: dopo aver convinto Elmichi ad uccidere Alboino suo marito, Rosmunda lo sposa e fugge con lui a Ravenna dove hanno la protezione del prefetto Longino. Ma questi insidia Rosmunda e la convince ad avvelenare Elmichi per poi sposarlo e diventare signora dei ravennati. Mentre beve il vino avvelenato, però, Elmichi si accorge del mortale inganno e costringe la moglie a berne anche lei e così muoiono entrambi. Nella nostra versione si ritrovano alcuni elementi che ricorrono abbastanza frequentemente nelle canzoni narrative: l'avvelenamento per mezzo della testa di un serpente; la presenza, apparentemente inspiegabile, di un re possibilmente di Francia e il fatto miracoloso: in questo caso è un bambino piccolissimo che parla e svela l'inganno al padre.