Provenienza: Lombardia
Testo
'N do èl mo mai andà ol mè bontemp
mi l'ò perdù e i òltri a gli à troà
mi l'ò perdù 'ndà su de Lavagnò
e a gli à troà 'l pighès ch'andàve al sciargnò òo.
Fa la nànna ti penìn s'al rüarà 'l papà
te porterà 'l cocò òo.
E quànt che té se grànt tan
te mandàra a scòle a scòle
a scòle a scòle a Sàn Gioàn
se no t'impàrarè al sàra un gran dàgn òo.
Descrizione
Testo di grande complessità e di grande interesse, che investe direttamente la condizione della donna a Premana. Questa ninna nanna appartiene a quel filone i cui testi esprimono, spesso con durezza e in modo esplicito le condizioni della donna sposata. In generale questi canti hanno, anche musicalmente una base arcaica e potrebbero rappresentare uno degli ultimi segni di presenza di un modo antico di canto "lirico". Sono proprio canti di questo tipo che propongono un'interpretazione della ninna nanna, oltre la destinazione dell'addormentamento del bambino. Nel ricordo vengono evocati i duri lavori dell'alpeggio; come andare a fare il fieno selvatico a Lavagnone e Piancalve, contrapposti allo stato di donna sposata, sentito ancora più duro e doloroso; il "bontémp" è stato perso con il matrimonio, ed ora lo vivono le altre ragazze. La seconda parte della ninna nanna affronta direttamente il problema dell'allevamento del figlio, con un preciso richiamo alla preoccupazione per l'istruzione del bambino e per la sua condizione futura. Interessante sapere che i premanesi andavano a Venezia per imbarcarsi, prima del 1600, per andare in Spagna. Che molti si sono fermati a Venezia e hanno aperto fabbriche di armi e coltelli. Oggi a Venezia vivono circa una quarantina di famiglie premanesi con negozi di coltelleria e botteghe artigiane di ferro battuto.