Testo
Come faremo a girare la Francia
senza le carte de la nostra nazion.
Ghe scriveremo a la nostra regina
che qualche cosa ci manderà a dir.
Ci à mandà a dire tornate in Italia
ci à mandà a dire tornè in Italia a fare 'l soldà.
E ma putosto di andare in Italia
mi resto in Francia e mi fò disertor.
Descrizione
Immigrati, sans papier, aggrediti, buttati in un canale, presi a pietrate e fucilate. Linciati da francesi inferociti. Un vero e proprio pogrom che costò la vita ad almeno nove, tutti italiani, in maggioranza piemontesi. Accadde ad Aigües Mortes alle foci del Rodano, nel 1893. L’Italia di quegli anni non aveva conosciuto boom economici e da tutto il nord, si emigrava in massa, alla ricerca di un lavoro. Si scavalcavano le Alpi, senza soldi e documenti. Tanto valeva cantarci sopra. Nella "Guida alla musica popolare in Italia: I repertori“ Leydi, nonostante la diffusione della versione Trentina, riferisce di una poca conosciuta e forse precedente versione Piemontese del canto: Come faremo girare la Francia / senza carte della nostra nazion / Faremo fare un gran passaporto / vivo o morto in Italia mai più / E scriveremo al re d'Italia / qualche cosa ci manderà a dir / Ci manderà a dire tornate in Italia / trenta mesi a fare il soldà. “Trasferirsi all’estero” in questo caso è associabile al rifiuto del servizio di leva, e il riferimento a 30 mesi potrebbe consentire di datare il canto a cavallo fra l’800 e il ‘900, in cui il servizio militare durava appunto due anni e mezzo e il fenomeno della renitenza alla leva, anche forse per il duro trattamento riservato alle reclute, era abbastanza esteso. In "Identità delle popolazioni montane tra memoria, isolamento e trasformazione" atti del convegno tenuto nel 1997 a Gaverina Terme (BG) si osserva come i due primi versi sembrino evocare appunto i sans papier in Francia; i senza carte, senza documenti. La condizione di questi emigrati del tutto simile, ai giorni nostri, a quella dei nordafricani, in fuga verso l’Europa. Nella "Storia dell'Emigrazione Italiana" a cura di Emilio Franzina si osserva come la Francia prima di divenire nel XIX secolo e, tra le due Guerre, luogo di facile approdo un po' per tutta l'Italia del Nord, rimanga a lungo il paese della speranza e ancora quella patria straniera che molti non esiteranno a paragonare alla "Merica". Comparendo in molti canti del settentrione italiano, del Bresciano, della Bergamasca e del Veneto, sovraccaricata di valenze simboliche rispetto alla meta geografica e ambientale (vestire e parlare alla "francese"). Osserviamo infine come nella versione trentina si trovi, al contrario di quella piemontese, una “Regina” potrebbe forse essere un riferimento all’Impero austriaco e forse in questo caso i migranti, in realtà disertori dell’Impero che a quell’epoca si estendeva a buona parte dell’Italia Settentrionale. “..piutosto di andare in Italia a fare il soldà mi resto in Francia e mi fò disertor..”