Milano
Teatro dal Verme
Via San Giovanni sul Muro, 2
Spettacolo Teatrale di Emanuele Fant e Marco Merlini. Con Michele Bottini e il Coro A.N.A. di Milano diretto da Massimo Marchesotti.
Regia di Marco Merlini. "...Zamboni io c'ho delle notizie segrete che se vieni vicino te le dico sottovoce perché sei triste: questo qui è il
treno degli alpini e sarà lungo quasi tutta la Russia. Duecento tradotte ci abbiamo. Non so nemmeno se basteranno i binari. Il Battistella
mi ha detto che lì saremo in cinquanta, sessanta, non so neanche quanti mila. Sai quanti siamo, Zamboni? Io neanche mi immagino
come facciamo a starci tutti in Russia. La Russia è grande ma secondo me non ci stiamo mica tutti. E magari a noi ci mandano a casa. Ci
facciamo altri dieci giorni e in un mese la Rita la vedi ancora. Ci facciamo un viaggio di piacere, intanto. Una volta tanto facciamo bene i
turisti anche noi..." Proseguendo l'esperienza di produrre teatro, il Teatro G. Pasta sceglie un testo liberamente ispirato ai diari di Nuto
Revelli, Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi, Eugenio Corti, Nelson Cenci, Berto Minozzi, Ermenegildo Moro, Giuseppe Adami, alle
testimonianze dei sopravvissuti e alle lettere di coloro che non sono mai tornati. Un soldato, come un'apparizione, come un'anima
insepolta e costretta a vagare, ritorna - ancora una volta - per raccontare una storia. La storia della ritirata dal Don, tragico epilogo della
campagna di Russia, compiuta dall'esercito italiano tra la fine del 1942 e l'inizio del 1943. Una tragedia che ci può apparire lontana, ma
che invece dobbiamo sentire attuale e tornare ogni volta a raccontare nell'epoca delle "guerre umanitarie", dei "bombardamenti
chirurgici" e delle "bombe intelligenti". La narrazione prende le mosse dall'estate 1942, alla vigilia della partenza dell'Armata Italiana in
Russia. Il protagonista è un alpino del Battaglione Tirano, che fa parte della Divisione Tridentina, la quale - partita dall'Italia per il
Caucaso, riceverà presto l'ordine di deviare la propria marcia verso il Don, per sopperire alle ingenti perdite della Divisione Sforzesca,
decimata dai russi. L'alpino Trentini Rolando è al tempo stesso narratore e protagonista del racconto: è un personaggio inventato, nato
però dalla rielaborazione letteraria di alcune storie realmente accadute. Nella sua evocazione rivivono i compagni trasportati su lunghe
tradotte verso le steppe della Russia, l'entusiasmo della partenza e la fiducia nel Fascismo, il ricordo del giovane amico d'infanzia
Zamboni, del tenente Benvenuti, degli affetti familiari abbandonati in un'Italia lontanissima, delle prime battaglie, della vita quasi
normale nella trincea sul fiume Don, dei primi freddi e dei quaranta gradi sottozero del gelido inverno russo. Il racconto s'intreccia con
le note evocative della fisarmonica e l'intervento del gruppo corale, a volte prezioso tappeto sonoro, a volte interlocutore quasi fisico. Il
racconto di Trentini inizia con uno stile verboso e prolisso - anche se si rifà a un linguaggio popolare - e con il procedere della vicenda
diventa sempre più asciutto e preciso, mutandosi in azione. Ripercorrendo l'eroica resistenza di uomini stremati e non equipaggiati, le
battaglie disperate per guadagnare la via del ritorno a casa, la bestialità delle condizioni di vita e la profonda umanità di chi - per un
calcolo militare irresponsabile - si è trovato a percorrere quasi mille chilometri a piedi nella neve, riporta sulla scena la ferita aperta di
un passato ingiusto e insepolto. Durata: 70'