Milano
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È cosa nota: dietro le barricate che costruirono il nostro Risorgimento e nelle trincee scavate nella roccia delle Alpi era il canto, a rafforzare lo spirito, a ricordare affetti lontani, ad esprimere sentimenti comuni. È sempre stato il coro ad unire gli uomini in guerra. Ma cosa si cantava? Cori tratti dai melodrammi di successo, oppure nuovi, o anche reinventati con l’espediente antico del contrafactum: parole nuove, su melodie già note. Anche nel Risorgimento, attraverso la manipolazione di personaggi e situazioni dei melodrammi, il contrafactum diventa un mezzo diffuso per veicolare gli ideali di libertà e le aspirazioni all’unità nazionale, ma senza le mediazioni
metaforiche alle quali erano costretti i grandi compositori; come Giuseppe Verdi, appunto. Quanto contribuirono le parole scritte per Verdi e la sua musica alla nascita del sentimento nazionale, è cosa che lasciamo agli studiosi: è però certo che più ancora del Va’ pensiero del Nabucco, furono addirittura altri i cori che Verdi stese consapevole di scrivere “inni alla libertà”. Cori eseguiti con inedite armonizzazioni commissionate dal Metafestival Verdi l’italiano a Giovanni Veneri proprio per il Coro ANA di Milano. In un recente, bell’articolo scritto a quattro mani da Paolo Colombo e Gioachino Lanotte - Ta-pum, la verità sulla Grande Guerra nei canti dei soldati - si legge chiaramente che, con l’ingresso in guerra, i canti degli interventisti, irredentisti, pacifisti - tutti si erano dovuti confrontare con l’innodia risorgimentale - lasciarono il posto a quelli che il medico francescano Agostino Gemelli ha chiamato i «canti del nostro soldato». Canti di una guerra nascosta e lontana dalla retorica guerresca. Ecco i sacrifici della vita di trincea, il fango, le ristrettezze del vitto, il rumore continuo del cannone, le notti insonni. Nascono ora le canzoni degli alpini, in reparti riuniti secondo un criterio regionale che ne favorisce il senso corale, caratterizzate da una intensità che consente loro di diventare per antonomasia il “suono” della prima guerra mondiale. E arrivano, superando indenni steccati politici, sconvolgimenti e rivolgimenti - monarchia, fascismo, repubblica - e tutte quelle trappole che il bisogno tragico di cancellare lo sconfitto dissemina nella storia. Giuseppe Verdi, per noi italiani, è il Risorgimento, non vi sono dubbi. Così, i cori di montagna, come quelli che ascolteremo nella seconda parte del concerto, hanno saputo ricollegare gli italiani al momento più alto nella storia del nostro Paese, quello del passaggio verso la democrazia.
Verdi in trincea su scenarionline.it
Programma
- O signore dal tetto natio
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Si ridesti il leon
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Viva Italia
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Va pensiero
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- La mia bela la mi aspeta
- Armonizzazione di Arturo Benedetti Michelangeli
- Sul ponte di Perati
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Monte Canino
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Quel mazzolin di fiori
- Armonizzazione di Giovanni Veneri
- Monte Nero
- Armonizzazione di Flaminio Gervasi
- Il testamento del Capitano
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- O Gorizia tu sei maledetta
- Elaborazione di Giovanni Veneri
- Dove sei stato mio bell'Alpino
- Armonizzazione di Flaminio Gervasi
- Era nato poveretto
- Armonizzazione di Arturo Benedetti Michelangeli
- La violeta
- Armonizzazione di Coro Monte Cauriol
- La montanara
- Armonizzazione di Luigi Pigarelli